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Approccio olistico, cosa vuol dire e perché ne abbiamo un enorme bisogno per sopravvivere e far crescere l’azienda.

E’ tipico pensare che l’esperto risolva il problema perché capisce dentro gli ingranaggi dell’azienda qual è la rotella che si è rotta. L’imprenditore ci chiama per questo e quando ci pone la domanda: ”Ci date una mano ad attrarre e trattenere i clienti?” si aspetta una risposta netta, chirurgica, in grado di far penetrare le nostre mani solo dove serve, rimuovere il problema e ripartire. L’azienda non è una macchina composta da ingranaggi, non è complicata.

L’azienda è complessa: se stacco una rotella e la riparo, la rotella interagisce con le altre e le altre vanno riviste nuovamente.

Quindi ben venga la domanda iniziale, sapendo che si tratta di una domanda iceberg; infatti nell’esprimere l’esigenza c’è dentro molto, ma molto di più, proprio come un’enorme massa di ghiaccio sotto un innocuo picco ghiacciato che si erge sopra il pelo dell’acqua.

Al che ci viene di rispondere: “cosa te lo fa dire che hai bisogno di questo?” ed ecco che l’iceberg si apre. Vengono fuori le mille motivazioni: cali di fatturato, posizioni debitorie importanti, incapacità di controllo della dinamica interna, percezione di una realtà ostile, competitor che “inspiegabilmente” incrementano la quota di mercato e via così.

In realtà ogniqualvolta le richieste sono generiche abbiamo imparato a capire che l’intervento di consulenza dev’essere, al contrario, molto specifico e soprattutto non rivolto alla sola area di miglioramento “esplicitata”.

È necessario concentrarsi sull’area economico-finanziaria, su quella dei processi interni, sull’area più propriamente commerciale e, in più, se abbiamo trovato il bandolo della matassa, sviluppare un continuo apprendimento interno e quindi generare nuove competenze che non c’erano prima dell’intervento. Cosa intendiamo?

Se si vuole davvero far acquisire il cambio di passo a un’organizzazione, non esiste solo una tipologia compartimentata di consulenza (che si chiami controlling, mentoring, tutoring, coaching ecc), ma un insieme di tante piccole consulenze sulle diverse aree dell’azienda.

Così come il paziente infartuato non si cura sola con lo stent (intervento che riapre le coronarie dando ossigeno al cuore), ma anche con l’antipertensivo, l’ipocolesterolemizzante, un’accurata dieta e una salutare attività fisica. Così il paziente sopravvive nell’immediato e può continuare la sua vita in modo dignitoso e sostenibile nel tempo.

Così è l’azienda, se c’è qualcosa che non va non può essere risolta solo proponendo le più mirabolanti tecniche di marketing e comunicazione, ma attingendo a diverse competenze.

Un esempio può aiutare: creare un brand forte e riconosciuto.

La risposta immediata sarebbe: analizziamo l’arena competitiva, entriamo nella sfera razionale ed emotiva degli stakeholders, diamo al prodotto il valore che non c’è ancora sul mercato, creiamo una comunicazione attraente e utilizziamo tutti i canali di comunicazione. Implementiamo le attività e monitoriamo i progressi e/o aggiustiamo il tiro.

E così via…

A questo punto potremmo parlare di brand essence, di concept, di customer insight, e di altri ammennicoli tecnici che presi singolarmente hanno un’importanza molto limitata, quasi nulla.

Tutto ciò, purtroppo, non è sufficiente. È necessario infatti capire su quali finanziamenti contare, quali e quanti sono i costi per definire i prezzi (anche se è forse più interessante partire dal prezzo necessario e sufficiente per essere competitivi sul mercato, sottrarre il margine di guadagno e quindi valutare se i costi sono in linea oppure se l’argomento richiede una profonda rivalutazione. In buona sostanza il contrario di quanto si fa di solito, n.d.r.), cosa si vuole essere dopo 5 anni e come arrivarci.

Un insieme di competenze personali ed emotive da conseguire unito al senso del business, finanziario e strategico. Tornando alla introduzione: qual è l’iceberg sul quale ti trovi?

 

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