Quanto è tossico il tuo luogo di lavoro? Abbastanza, se queste 8 cose continuano ad accadere ogni giorno

La UNC Keenan-Flagler Business School, ha stimato che i luoghi di lavoro tossici costino ai datori di lavoro Statunitensi 23,8 miliardi di dollari l’anno, sotto forma di assenteismo, costi sanitari, produttività persa e altro ancora.
La risorsa più importante di un’impresa – le persone che ne fanno parte – è resa incapace di performare ad un livello elevato perché la maggior parte delle persone sono distratte da altre che cercano di sabotare e manipolare l’ambiente di lavoro. Se lavori in un posto del genere, molto probabilmente hai riscontrato questi otto comportamenti di lavoro tossici.
1. Gli impiegati violano le politiche aziendali
Negli ambienti tossici si incontrano lavoratori che non hanno nessun riguardo per gli affari dell’impresa e ne violano ripetutamente le regole scritte. Sono atteggiamenti tipici in questi ambienti: furti, divulgazione di informazioni riservate, impegno in pratiche discriminatorie, atti di bullismo o molestie sessuali.
2. Gli impiegati sono tipicamente inaffidabili
Si tratta di impiegati che costantemente non rispettano le scadenze, spesso arrivano in ritardo e si allontanano prima del dovuto e si assentano misteriosamente. Non sono affidabili per l’esecuzione di un buon lavoro e non puoi fidarti minimamente di loro
3. Gli impiegati sono scadenti nel gioco di squadra
Agiscono con testardaggine, sono piagnucolosi, o sulle difensive e rendono complicato per i colleghi portare a termine il lavoro. Alcuni si comportano come se fossero onniscenti e non sanno accettare le critiche; alcuni si lamentano a tal punto che nessuno vuole lavorare con loro.
4. Gli impiegati si sparlano a vicenda
I lavoratori mettono in mostra la loro frustrazione facendo gossip dopo le riunioni, mettendo in croce il management e la dirigenza dell’impresa. Fondamentalmente sono adolescenti aziendali il cui tempo nell’impresa sta per scadere e sono lì per distorcere negativamente le cose e a diffondere voci riguardanti altri.
5. Gli impiegati sono resistenti al cambiamento
Poiché il mondo è in continua evoluzione e richiede un continuo adattamento, i dipendenti che oppongono resistenza ai cambiamenti sono destinati a diventare obsoleti e a fallire. La cattiva notizia è che possono trascinare i colleghi giù con loro.
6. La dirigenza opera attraverso la burocrazia
Ci sono troppi livelli di approvazione e gestione per portare a termine i compiti e un’attenzione particolare nel controllare i dipendenti
7. La dirigenza non comunica chiaramente
Gli impiegati non hanno idea di cosa stia accadendo e nessuno conosce realmente la situazione attuale o cosa riserverà il futuro. Ciò causa confusione, paura e ansia nella mente dei lavoratori.
8. La dirigenza ha poca o nessuna preoccupazione per l’equilibrio tra lavoro e vita privata
La vita privata o familiare delle persone deve essere sacrificata per il lavoro. Questo è comunemente evidenziato da settimane lavorative di più di 50 ore, ferie poche o inesistenti e una reperibilità per comunicazioni lavorative 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Se si riscontrano questi atteggiamenti, innestare un cambiamento diventa sempre più costoso e l’azienda rallenta rispetto ai concorrenti. Cosa deve fare il management per evitare che l’organizzazione si avviti su se stessa?
Innanzitutto deve lavorare su quella quota, sempre presente nelle aziende, di dipendenti motivati e felici di far intraprendere alla propria azienda un percorso di cambiamento. Si stima che il 30% dei dipendenti in azienda sia attivamente coinvolto e pronto al cambiamento, il 35% sia “attivamente demotivato” cioè maturi comportamenti negativi, e la rimanente quota, il 55% oscilli tra queste due tipologie, ricercando un leader positivo o negativo al quale accodarsi.
Bisognerà quindi:
– rintracciare il 30% attivamente motivato, strutturando insieme a loro un piano di misurazione delle performance, di incentivi e premi, creando un sistema che riesca a far notare qual è la rotta virtuosa;
– definire un sistema atto a formare i dipendenti meno proattivi, facendo colmare loro i gap che spesso impediscono la crescita;
– comprendere quali credenze depontenzianti conducono una quota di dipendenti ad atteggiamenti “tossici” per cambiarne i ruoli, magari mal posizionati, formarli e salvarne il più possibile indirizzandoli sulla via del cambiamento;
– rintracciare gli infedeli convinti e definire un piano di uscita per quelli che di fatto attendevano solo qualcuno che si accorgesse che il loro destino era fuori dall’azienda.