Diritto tributario e societario

Esportare o internazionalizzare? Il grande equivoco che condanna le aziende italiane a restare “mini” – e come puoi superarlo per il bene della tua azienda

Quando si parla di rapporti commerciali con l’estero, in Italia si tende ad usare con disinvolta indifferenza le parole “esportazione” e “internazionalizzazione”, considerandole quasi sempre dei sinonimi. Questa equiparazione verbale nasconde un enorme equivoco sostanziale di base: in media, l’imprenditore italiano tende a credere che l’azienda sia “internazionale” quando “esporta”, cioè vende e spedisce dei prodotti (o eroga dei servizi) destinandoli fuori dall’Italia.

Il che costituisce una grande falla nel sistema e uno dei motivi principali per cui il tessuto imprenditoriale italiano rimane piccolo nelle dimensioni e provinciale nella mentalità.

E adesso ti spiego perché.

Perché le aziende italiane restano piccole e poco competitive

Il 99% degli imprenditori che va alla conquista di un mercato estero segue questo copione:

    • viene a contatto con un distributore, rivenditore o agente di un paese estero tramite un conoscente che in quel paese ha “i contatti giusti”. Oppure incontra il distributore, rivenditore o agente a una fiera internazionale di settore;

    • crede di non avere valide alternative per fare arrivare il suo prodotto all’estero;

    • decide quindi di affidarsi al suo “nuovo partner” commerciale che, grazie ai contatti e alla rete di clienti, lo aiuterà a invadere il mercato estero dei suoi prodotti. D’altronde, la proverbiale qualità italiana farà sì che in breve tempo il prodotto comincerà a vendersi da solo: questo è un mito sempre verde che continua a mietere vittime;

    • conclude l’accordo col suo nuovo partner, spesso firmando il contratto in inglese che questi gli ha proposto. E siccome uno specialista in contrattualistica internazionale può essere troppo costoso e può anche rischiare di indisporre lo straniero, lo negozia con le risorse che ha in azienda;

    • impacchetta i prodotti e li mette a disposizione del trasportatore perché venga a ritirarli.

Questa è la relazione che, in media, le imprese italiane hanno con i mercati esteri.

La realtà è che, quando si esporta con queste modalità, le probabilità di “perdere” il mercato estero ancora prima di averlo conquistato sono drammaticamente elevate.

E sai perché? Perché l’approccio utilizzato è nella sostanza identico a quello che si avrebbe nel vendere a un negoziante di Montecchio Maggiore o di Civita di Bagnoregio. Posti belli e che apprezzo, per carità, solo che perdere opportunità di mercato all’estero è un tantino più grave che perderle in un piccolo comune italiano. Non credi?

Ora, io estremizzo per semplificare il ragionamento. Ma se ci pensi, al netto del diverso regime IVA delle fatture, del cambio valutario nonché (per chi vende prodotti e non servizi) di qualche aspetto doganale, di labelling e di certificazioni richieste dal paese di destinazione, chi esporta non fa molto di più che vendere i propri prodotti o servizi in un luogo geografico un po’ più lontano da casa. Tant’è.

Con l’aggravante che quando vendi ExWorks, come è costume della stragrande maggioranza delle aziende italiane, corri anche il rischio di sanzioni salate, perché affidi le operazioni di esportazione all’acquirente e devi sperare che ti fornisca la prova che la spedizione sia effettivamente uscita dal territorio nazionale.

 

Internazionalizzare è un altro sport

Partiamo da una considerazione semplice quanto fondamentale: l’internazionalizzazione ha per oggetto l’azienda, l’export riguarda i prodotti (o servizi) dell’azienda.

Tra internazionalizzare ed esportare c’è lo stesso abisso che esiste tra la pianificazione strategica e l’attività operativa.

E’ arrivato il momento di svelare una verità che pochi nel nostro paese sembrano avere colto.

L’esportazione è una semplice attività tecnico-operativa.

Per creare crescita e ricchezza nel medio-lungo periodo, l’esportazione deve essere inserita all’interno di un piano strategico di espansione internazionale. Questo piano e la sua esecuzione sono quello che chiamiamo “internazionalizzazione”.

Comprendere questo messaggio fa tutta la differenza del mondo.

Se già esporti ma la tua azienda non ha un piano strategico di internazionalizzazione che ti consenta di padroneggiare in maniera scientifica la penetrazione e l’espansione della tua azienda in nuovi mercati, ti consiglio vivamente di fermarti e cominciare a ragionare in questa nuova ottica già da domani mattina. Altrimenti, il rischio che corri con un’esportazione fatta a caso e non pianificata è quello di perdere tempo e denaro e, soprattutto, di “bruciare” le potenzialità di crescita della tua azienda all’estero. E tra poco ti spiego perché.

Se invece non esporti ancora ma sei pronto ad avviare una nuova avventura all’estero, sii orgoglioso di questa decisione e determinato nel perseguirla, perché potrà cambiare in meglio le sorti della tua azienda: il consiglio è di percorrerla con tanto entusiasmo ma altrettanta preparazione.

Le conseguenze dell’esportare senza avere un piano strategico di internazionalizzazione

Esportare senza un sistema collaudato di internazionalizzazione è come andare a caccia sparando alla cieca senza mirino e senza bersaglio, sperando di portare a casa qualcosa.

Il rischio di sprecare risorse umane e finanziarie senza ottenere nulla è altissimo.

Ma c’è di peggio. A volte il pericolo è di fare danni difficilmente riparabili. Ho visto aziende distruggere ogni possibilità di affermarsi su un mercato per anni, dopo aver riposto fiducia incondizionata nel distributore estero.

Un imprenditore di mia conoscenza, abbagliato dall’opportunità di conquistare il mercato statunitense, ha accettato di affidare ad uno sconosciuto distributore incontrato in fiera l’esclusiva territoriale per quel mercato. Solo dopo essersi impegnato in un contratto quinquennale, il nostro imprenditore ha scoperto che il distributore aveva un interesse personale a favorire i prodotti concorrenti di un’azienda statunitense, meno performanti e soggetti al rischio di perdere mercato a causa dell’ingresso del prodotto italiano. Non sapersi muovere con padronanza nella giungla del commercio estero ha costretto il nostro improvvido imprenditore a “regalare” cinque anni di vantaggio alla concorrenza in un mercato così importante. E sai bene quanto cinque anni siano un tempo siderale nel mondo del business.

Come scalare i mercati mondiali senza rischiare cadute nel vuoto

Rendere un business internazionale è come scalare una montagna.

Molte persone sognano di raggiungere la cima, in pochi ci riescono veramente.

Quelli che lo fanno si pongono un obiettivo chiaro e misurabile e si creano un piano. Armati di un insieme di regole da rispettare e animati da una grande determinazione per affrontare il viaggio, puntano alla vetta. Lungo la strada fanno tappa in campi-base intermedi che mostrano cambiamenti significativi di terreno. Si focalizzano sul primo passo e su quelli successivi adeguandosi durante il cammino alle condizioni della montagna.

Lo stesso vale per le imprese.

L’imprenditore e il management devono avere una visione chiara e scegliere un obiettivo audace da conseguire nel lungo termine. Per spezzare il viaggio, devono stabilire obiettivi a medio-breve termine, generalmente da uno a tre anni. Questi obiettivi devono essere tradotti in specifici passi che l’azienda compirà nelle settimane a venire e che consentiranno di vedere i primi risultati già dopo pochi mesi.

Lungo la scalata, non possono procedere a mani nude ma devono fare ricorso a metodologie e strumenti efficaci per proseguire con successo nel percorso.

É arrivato, allora, il momento di vedere insieme quali sono i

punti fondamentali per creare un piano di espansione internazionale efficace

per ogni azienda, di ogni settore.

Eccoli:

  1. analizza e seleziona, con numeri contabili alla mano, i prodotti o servizi della tua azienda sui quali concentrare l’espansione all’estero;

  2. studia e seleziona, utilizzando indicatori adatti, i mercati esteri a più alto potenziale per il tuo settore e il tuo business;

  3. analizza la concorrenza su quei mercati;

  4. fissa obiettivi di crescita chiari e misurabili;

  5. costruisci un tuo angolo di attacco di quel mercato diverso dai concorrenti e un modello che garantisca il controllo dei tuoi prodotti o servizi su quel mercato;

  6. scegli i canali distributivi più adatti e impara a gestire i rapporti contrattuali;

  7. impara ad usare al meglio gli strumenti di accelerazione della crescita internazionale: joint venture partnership e acquisizioni.

 

Applica ognuno di questi passaggi nella sequenza indicata e vedrai che la tua azienda riuscirà a valicare ogni confine.

 

Parleremo di questo e delle strategie professionali che hanno permesso alle imprese più virtuose di conquistare nuovi mercati al Workshop “Crescere all’estero” in programma per il prossimo 14 marzo 2019. Clicca subito sul link prima che i pochi posti disponibili si esauriscano.

Per info e dettagli sul workshop visita la sezione eventi

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